CONSEGUENZE DELLA MOROSITA' NELLA LOCAZIONE COMMERCIALE DOVUTA AL LOCKDOWN

La crisi conseguente al lockdown ha fortemente scaricato il proprio peso sui rapporti locatizi, sia di natura abitativa che commerciale. E' sotto gli occhi di tutti come l'incidenza di una diffusa difficoltà economica gravi, in misura diversa a seconda delle situazioni, sui locatori quanto sui conduttori.
Certo è che lasciano perplesse le normative che sono intervenute a livello nazionale: il Decreto "Cura Italia" ha inizialmente previsto la sospensione della esecuzione dei provvedimenti di sfratto sino al 31.8.2020. Il termine è stato poi prorogato, in sede di conversione in legge del Decreto Rilancio, al 31.12.2020. Ciò significa che i proprietari potevano (e possono) azionare una procedura di sfratto per morosità o finita locazione nei confronti del conduttore, sia in ambito abitativo che commerciale, ma che non potranno fare eseguire la liberazione dell'immobile in forza della convalida di sfratto a loro mani.
La ratio di tale intervento normativo è certamente finalizzata ad andare incontro alle numerose famiglie e attività che, a causa delle difficoltà economiche cagionate dal blocco imposto dalla emergenza sanitaria del periodo primaverile, non riescono a far fronte al pagamento dei canoni.
D'altra parte, da molte parti sono state sollevate critiche per una norma che pare intervenire a senso unico, in quanto non tiene in alcuna considerazione le difficoltà economiche che anche i proprietari degli immobili locati stanno subendo. Il presupposto che i locatori siano i proprietari degli immobili in questione, ha forse indotto nel legislatore l'errato presupposto che non risentano degli effetti della crisi tanto quanto i loro conduttori. Ecco quindi che, in mancanza di interventi a sostegno della proprietà, viene chiesto ai locatori di adempiere a quella funzione sociale che la P.A. dovrebbe svolgere: farsi carico delle conseguenze economiche e sociali che il lockdown sta lasciando dietro di sé, mantenendo i propri immobili nella disponibilità dei conduttori sino a fine dicembre, pur senza ricevere il pagamento del canone.

Ma questo termine, cioè fine dicembre, non sarà così effettivo, perché dal mese di gennaio gli Ufficiali Giudiziari si troveranno a dover fare fronte alle richieste di esecuzione di tutti gli sfratti che sono rimasti in sospeso dal mese di marzo sino a fine anno. Le conseguenze, in termini temporali, non sono ancora valutabili, ma i ritardi saranno inevitabili anche per un Foro, come quello della Spezia, che è sempre riuscito a mantenere tempistiche relativamente contenute, specie se confrontate con quelle di altri Tribunali.
Le fattispecie che da queste situazioni subiscono le ripercussioni più rilevanti sono quelle dei locatori che hanno attivato la procedura di sfratto nella seconda metà del 2019 (per una morosità che è quindi precedente al lockdown), in quanto si sono ritrovate a dover interrompere la fase di liberazione dell'immobile quando si trovavano ad un passo dalla riconsegna (al secondo o terzo accesso dell'Ufficiale Giudiziario). Anche queste procedure, come le altre, si troveranno a dover ricominciare la fase di esecuzione nel gennaio 2021.
Per non parlare di situazioni paradossali in cui i proprietari sono consapevoli che il loro immobile, che sia un appartamento come un fondo, è già stato abbandonato e svuotato da tempo: anch'essi, per essere immessi legittimamente nel possesso del bene, dovranno attendere il nuovo anno e quelle che saranno le nuove tempistiche di liberazione. Di fronte a tali situazioni vacilla ulteriormente la ratio della completa sospensione delle esecuzioni, che resta in ogni caso un intervento dal forte impatto, secondo taluni devastante tanto quanto la crisi cagionata dall'emergenza sanitaria.

All'interno di tale quadro, di per sé poco garantista degli interessi in gioco, sono recentemente intervenute alcune pronunce che hanno suscitato ulteriori perplessità. Il Tribunale di Venezia, in particolare, il 28.7.2020 ha emesso una ordinanza con la quale ha respinto la istanza di convalida di sfratto, in quanto la morosità del conduttore del fondo commerciale (gestore di un bar) era riconducibile al periodo di lockdown nel quale non gli era stato possibile usare l'immobile. Il Giudice ha ritenuto che una parte del canone fosse comunque dovuta da parte del conduttore, in quanto il locale era in effetti rimasto nella sua disponibilità ed era stato utilizzato quanto meno come magazzino, ma ha ritenuto di poter imporre alle parti di rideterminare, per i mesi in riferimento (da marzo a maggio) l'importo del cannone di locazione. Ha quindi assegnato alle parti un termine di 15 giorni per avviare la mediazione e determinare, in tale sede, la riduzione del canone. Si tratta, in vero, di una sentenza che non ha trovato seguito in ambito nazionale.
Il Tribunale di Roma, in particolare, con una ordinanza del 31.7.2020, avente ad oggetto una fattispecie analoga, ha specificato che "l'eventuale crisi di liquidità del debitore va valutata quale rischio posto a carico dello stesso" anche se riferita ai mesi di blocco. A bene vedere, infatti, se la impossibilità di utilizzare l'immobile non è dipesa dal conduttore, ugualmente non è imputabile alla responsabilità del locatore. La ratio della pronuncia di Venezia, invece, sembra ancora una volta tornare al principio secondo il quale il proprietario debba, in qualche modo e in qualche misura, farsi carico del problema economico del proprio conduttore.
Soltanto un mese più tardi, in data 27.8.2020, il Tribunale di Roma ha emesso un'ordinanza in senso contrario, con la quale ha accolto il ricorso con il quale il conduttore di un fondo commerciale chiedeva che venisse disposta la riduzione del canone di locazione.
Il Giudice ha dichiarato che "non sembra possa dubitarsi in merito all'obbligo delle parti di addivenire a nuove trattative al fine di riportare l'equilibrio negoziale entro l'alea normale del contratto". Secondo tale pronuncia è "doveroso, in tale ipotesi, fare ricorso alla clausola generale di buona fede e di solidarietà sancito dall'Art. 2 della Carta Costituzionale, al fine di riportare il contratto entro i limiti dell'alea normale del contratto". Conclude, poi, dicendo che "appare violato, da parte della resistente (cioè del proprietario dell'immobile) il canone di buona fede in senso oggettivo".

Si è così affacciato il concetto di correttezza e buona fede come strumenti di integrazione e non solo più di interpretazione del regolamento contrattuale. L'obbligo di rinegoziazione addirittura è previsto nel progetto di riforma del codice civile: ma si tratta, per ora, di iure condendo, ovvero di un concetto in fase di maturazione sotto il profilo sostanziale.
Nel caso di specie il Tribunale di Roma ha disposto una riduzione del canone del 40% per i mesi di aprile e maggio 2020 e del 20% per i mesi da giugno a marzo del 2021.
Il Tribunale della Spezia ha fino ad oggi mantenuto invariata la propria linea di gestione e decisione delle procedure degli sfratti. In altre parole, tutti gli sfratti che sono stati promossi, anche in ragione di morosità accumulatesi nel periodo di blocco, sono stati convalidati (salvo i ritardi dovuti al periodo di chiusura di tutti i Tribunali) senza che venisse imposta alcuna riduzione del canone.

Riduzione, in vero, che si ritiene possa essere l'unico strumento reale e di buonsenso che possa, con lo sforzo e il sacrificio di entrambe le parti, consentire di uscire da una situazione di difficoltà che stenta a passare. In tal modo le parti, da sole, riuscirebbero a colmare il vuoto legislativo lasciato da una norma troppo superficiale, che si è limitata a sospendere l'esecuzione degli sfratti (fatta eccezione per l'unica altra previsione normativa, quella che prevede un credito d'imposta cedibile al proprietario in luogo del pagamento del canone, che può arrivare fino al 60% del costo di locazione). Al contempo locatore e conduttore riuscirebbero, in parte, a sopperire agli aiuti fiscali ed economici che non sono arrivati nella misura che sarebbe stata necessaria. In ambito locale, infatti, gli aiuti stanziati dalla P.A., stante il gran numero di richieste che sono state inoltrate, si è tradotto, in concreto, nel pagamento di circa una mensilità per ciascun richiedente che abbia partecipando al bando e abbia dimostrato di possedere i requisiti richiesti (tra cui, naturalmente, la morosità connessa al periodo di lock down).

Si auspica, però, in una riduzione che provenga sempre dalla volontà e dal consenso delle parti, nell'interesse reciproco di portare avanti il rapporto locatizio, e che non sia invece imposta da un organo di giustizia.


Marco Angelini
Centro Studi Nazionale Antonino Caridi
 

Quanto contenuto nel presente articolo ha carattere esemplificativo e non esaustivo per approfondimenti specifici occorre consultare, se iscritti , la sede A.P.P.C.

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