Il distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato

Il distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato

E’ quesito ricorrente se sia possibile o meno e a quali condizioni il distacco dal servizio condominiale centralizzato di riscaldamento. L’argomento è stato oggetto di ampie discussioni sia dottrinali che giurisprudenziali. Spesso il condomino desidera distaccarsi dall’impianto di riscaldamento cosiddetto “centralizzato” - in via temporanea o definitiva - per non sostenere le relative spese (varie possono essere le situazioni come, per esempio, il caso del costruttore che non ha ancora venduto tutti gli alloggi, un condomino che utilizza il suo bene solo in certi mesi oppure che non è riuscito a locare l’appartamento...). E’ ormai consolidato l’orientamento secondo cui il singolo può distaccarsi dall’impianto centralizzato di riscaldamento, anche senza il consenso degli altri condomini, se prova che dalla sua rinuncia e dal distacco non derivano aggravi di spese per gli altri comproprietari che continuano ad utilizzare l’impianto centralizzato, né uno squilibrio termico dell’edificio che alteri la regolare erogazione del servizio. Il soggetto rimane comunque obbligato al pagamento delle spese di conservazione dell’impianto mentre è esonerato dalle spese per l’uso (Cass. Civile sez. II 25.03.2004 n. 5974). A questa conclusione si giunge invero attraverso un lungo e tortuoso percorso della giurisprudenza e della dottrina. Dal combinato dell’art. 1117 c.c. - che annovera fra le parti comuni anche il locale caldaia e l’impianto di riscaldamento e dell’art. 1118 c.c. - che non consente al condomino di sottrarsi all’onere delle spese per il mantenimento e conservazione delle cose comuni nemmeno in caso di rinuncia alle stesse - deriva che non è possibile il distacco dal servizio centralizzato a meno che il soggetto non dimostri che dalla rinuncia sorga una diminuzione delle spese di esercizio e non si verificherà uno squilibrio in pregiudizio al regolare funzionamento dell’impianto centrale. Fermo resta però l’obbligo di contribuire alle spese necessarie per la conservazione e manutenzione del bene comune. E’ comunque necessario, prima di ogni altra considerazione, appurare se il regolamento condominiale escluda ed impedisca il distacco dal servizio centralizzato di riscaldamento e le eventuali modalità con cui può avvenire. Nel caso in cui il regolamento consenta il distacco sarà poi necessario accertare se lo stesso preveda anche se il condomino sia di poi tenuto a contribuire ed in che modo alle spese di gestione dell’impianto stesso (in tale fattispecie il condomino dovrà presentare una domanda scritta all’amministratore che conseguentemente, applicando la disciplina del regolamento, determinerà le eventuali quote di spesa a suo carico). Nel caso in cui il regolamento non preveda nulla sul punto specifico, l’amministratore, ricevuta la domanda di distacco da parte del condomino, ne farà oggetto di delibera nell’assemblea condominiale (la cui decisione comunque, alla luce della più recente giurisprudenza, non sarà rilevante qualora il distacco non rappresenti uno svantaggio). Fino agli anni sessanta la giurisprudenza era favorevole alla rinuncia al servizio in qualunque caso, fatta eccezione per le fattispecie in cui il regolamento condominiale prevedesse espresso divieto. Successivamente invece si è giunti all’opposta opinione e cioè che il singolo condomino può distaccarsi dall’impianto centralizzato - qualora coesistano determinate condizioni - ma non può sottrarsi di sua iniziativa alle spese di riscaldamento. Detta interpretazione è fondata sulle seguenti considerazioni: 1) l’art. 1123 c.c., 1° comma, dispone che le spese per la conservazione ed il godimento delle parti comuni dell’edificio e per la prestazione dei servizi nell’interesse comune devono essere sostenute proporzionalmente da tutti i condomini in rapporto al valore delle singole proprietà: quindi anche se un condomino non intende più far uso di una cosa comune non può comunque sottrarsi al pagamento delle relative spese per la conservazione della cosa stessa (l’art.1118 c.c., comma 2°, addirittura non consente l’esonero nemmeno nel caso di rinuncia, non solo all’uso, ma anche alla comproprietà); 2) l’art. 1123 c.c., 2° comma, dispone che le spese per la conservazione di cose che servono in maniera diversa i vari condomini sono comunque ripartite in proporzione dell’uso che ogni singolo ne può fare. Nella maggior parte dei casi le varie utilità che i condomini possono trarre dalle cose comuni sono interdipendenti e quindi la rinuncia ad una di esse non alleggerisce le spese per gli altri condomini e da ciò deriva che dalla scelta di un singolo non può aggravarsi la posizione di tutti gli altri. E’ pacifico infatti che un sistema di riscaldamento centralizzato fornisca un servizio più razionalizzato ed economico: basti pensare che l’accensione contemporanea dell’impianto e il conseguente riscaldamento omogeneo degli alloggi evita la dispersione di calore che invece deriva dall’accensione “a scacchiera”, secondo le diverse esigenze personali, nel caso di accensione diversificata. Non è detto che nel caso in cui vengano eliminate le diramazioni di un impianto di riscaldamento centralizzato relativamente ad alcuni locali venga a diminuire proporzionalmente la spesa per gli altri locali, anzi può paradossalmente aumentare (tant’è che il distacco dal centralizzato e la posa in opera di impianto autonomo non è nemmeno stato preso in considerazione dalla L. 10/91 quale metodo sul contenimento dei consumi energetici). L’impianto centrale di riscaldamento è infatti normalmente progettato dimensionato e costruito in funzione dei complessivi volumi interni dell’edificio cui deve assicurare un equilibrio termico di base, prevedendo e distribuendo le dispersioni di calore attraverso i solai e conferendo un apporto calorico alle parti comuni dell’immobile: il distacco delle diramazioni relative ad uno (o più) appartamenti dall’impianto centrale deve ritenersi vietato se ed in quanto incida sulla destinazione della cosa comune determinando uno squilibrio termico che può essere eliminato solo con un aggravio di spese di esercizio e conservazione per i condomini che continuano a servirsi dell’impianto centralizzato mentre è consentito quando sia autorizzato da una norma del regolamento contrattuale di condominio o dall’unanimità dei condomini o anche quando da parte dell’interessato al distacco venga fornita prova che da questo non deriva alcun inconveniente. A seguito di questo orientamento si è consolidato il principio per il quale il condomino che intende rinunciare al servizio centralizzato deve preventivamente dimostrare che tale operazione produce un proporzionale risparmio delle spese di gestione del servizio e che comunque non pregiudica l’utilizzo da parte degli altri determinando uno squilibrio della regolare erogazione del servizio né un aumento di spese. In pratica il diritto di ciascun condomino di servirsi della cosa comune comprende indubbiamente anche la facoltà di non usarla e, in determinati casi, di sostituirla con altra che offra maggior funzionalità, nei casi di cui all’art. 1102 c.c. - divieto di alterazione della destinazione del bene comune o di ostacolare l’uso che altri ne possa fare - con il limite, della possibilità di rinunciare al servizio di riscaldamento centralizzato solo ove ciò non rappresenti un aggravio per gli altri condomini per un compromesso funzionamento dell’impianto o un aumento dei costi di gestione. Quindi negli ultimi tempi, in evoluzione della teoria come sopra riportata, si è costantemente ritenuto possibile il distacco dal servizio centralizzato ove ciò non sia espressamente vietato dal regolamento e non provochi aumento di spese e di squilibri termici a carico del resto dei condomini: resta fermo l’obbligo del condomino di contribuire alle spese generali del servizio e della sua conservazione (in pratica viene meno la partecipazione alle spese solo per l’acquisto del combustibile). Diverso il caso in cui il condomino chieda non il distacco dall’impianto centralizzato ma di rinunciare alla proprietà del predetto bene: deve considerarsi nulla la delibera assembleare che autorizzi detta rinuncia, configurando non una semplice modifica bensì una radicale alterazione della cosa comune nella sua destinazione strutturale ed economica che viola il limite invalicabile posto dall’art. 1120 c.c. in tema di innovazioni vietate. Diversa ancora è la posizione del condomino che sia stato escluso dal servizio di riscaldamento centralizzato non per sua scelta ma per scelta del condominio allo scopo di procedere alle riparazioni o per ovviare ad una dispersione di calore altrimenti lesiva degli altri condomini: nel tal caso il condomino che non usufruisce del servizio non sarà tenuto a corrispondere oneri di alcuna natura. Non è unica nemmeno la disciplina relativa al pagamento delle spese straordinarie ed ordinarie a seguito del distacco e rinuncia al servizio. Sicuramente l’obbligo di contribuzione al pagamento delle spese viene meno quando per carenze strutturali dell’impianto centrale il condomino chiede il distacco perché nel suo appartamento non viene erogato il calore in misura apprezzabile (da rilevare che la quota del condomino andrà ripartita fra tutti gli altri comproprietari). Invece nel caso di distacco volontario dal sistema centralizzato, il condomino dovrà comunque continuare a sostenere le spese necessarie per la conservazione dell’impianto mentre non è tenuto al pagamento delle spese relative all’uso dello stesso. Alcuni autori infine sostengono che il condomino che ha rinunciato al servizio deve pagare solamente le somme ordinarie “non risparmiate” cioè gli importi invariati nonostante il distacco.

Quanto contenuto nel presente articolo ha carattere esemplificativo e non esaustivo per approfondimenti specifici occorre consultare, se iscritti , la sede A.P.P.C.

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