Osservazioni dell'Appc al PUC della Spezia

OSSERVAZIONI ALLE PROPOSTE DI PIANO PARTECIPATO COMUNE DELLA SPEZIA.

L’Appc ringrazia il vice Sindaco, dott. arch. Cristiano Ruggia, e, con lui, tutta l'amministrazione Comunale, per l'opportunità di riportare osservazioni ed indicazioni sul puc.

Parlare di piano urbanistico è fare riferimento all’attività edificatoria, quindi alla casa che, nel nostro paese, dopo le crisi, è sempre stata alla base delle riprese economiche, portando con sé sviluppo e crescita.

Le linee guida del piano partecipato individuano nel contesto cittadino due grandi sistemi: l'uno rappresentato dalle aree della piana, l'altro dalle aree della collina: il primo da saturare con l'edificazione, il secondo inedificabile.

Tutte le città, con orografia simile alla nostra, determinano i sistemi che compongono il contesto cittadino, in aree della piana, che accoglie il centro cittadino, aree pedecollinari, dove sono nati, o si formano i quartieri periferici, ed aree della collina, dove, nel passato, l'edificato si è aggregato in nuclei, che, oggi, caratterizzano le varie località, o paesi.

Pare di capire che le statistiche di supporto agli indirizzi del piano suggeriscano una modesta realizzazione di alloggi e indichino nella piana, quale area di espansione, l’utilizzo di aree industriali, di aree industriali dismesse, di aree artigianali o di aree abbandonate o degradate, ecc.

In passato la nostra città è stata, particolarmente, dominata dalla politica Sarzanese, che voleva le espansioni urbane, industriali e artigianali, nella più capiente vallata della Magra per trasferirvi quel fermento creativo, che era propulsore di sviluppo della città.

Il risultato è che, oggi, su Sarzana si legge un continuo sviluppo delle attività private e pubbliche, mentre sulla Spezia si può solo individuare una debole creazione di interessi, promossi, fortunatamente, dalle strutture pubbliche, quali la realizzazione, all'interno del porto, di uno scalo per navi da crociera.

Le pianificazioni, succedutesi nel tempo, seguendo i citati indirizzi politici, hanno teso ad allontanare dalla Spezia tutte le piccole attività industriali e ad eliminare buona parte delle attività artigianali e commerciali, che occupavano spazi nell'area cittadina ed i vari stop, posti all'edificazione, hanno portato ad un rallentamento della crescita della città e consentito l'esplosione demografica di tutti i comuni della piana del fiume Magra.

La carenza di abitazioni in una città determina una decrescita demografica e comporta una perdita di capitale umano e di conseguenza creatività. Non a caso, Eduard Glaeser sostiene che “se una quota di persone, che vive in città, aumenta del 10% l'output pro capite aumenta del 30%”.

Oggi, coloro che temono lo spostamento degli equilibri esistenti hanno inventato l'impropria terminologia " consumo del suolo", che dagli stessi viene usata per condizionare qualsiasi nuova attività edilizia.

La Spezia, come città della Liguria, è tale perché la conformazione geografica dell'arco Ligure ha favorito i suoi collegamenti attraverso il mare e, per tale ragione, è stata, in passato, dominata dalla potenza marinara di Genova, dominio che ancora oggi continua ad essere esercitato in ragione della supremazia numerica.

Che peso ha la ns. città nel contesto ligure? La provincia di Genova conta più abitanti di tutte le altre province liguri messe assieme.

Il futuro della Spezia sarà ancora più condizionato da Genova: Città Metropolitana, Genova Provincia, Genova egemone nella regione Liguria.

E' voce comune, anche tra gli associati Appc, che è stato un errore demolire la struttura politica delle province, lasciando in essere buona parte delle strutture amministrative; sarebbe stato molto più giusto sradicare tutto ciò che è, o rappresenti le inutili regioni, che sono un continuo moltiplicatore della spesa pubblica (vedasi gli emolumenti e, ad ogni nuova elezione, i vitalizi che vengono elargiti a tutti i consiglieri uscenti) senza contare gli stipendi da manager erogati a dirigenti che continuano, col loro operato, ad aumentare la piaga della burocrazia.

Quale sviluppo potrebbe avere la ns. città se lo Stato, al posto delle regioni, garantisse la possibilità di aggregazione tra province e, nel nostro caso, si potesse collaborare con le province di Massa Carrara , Parma, Piacenza? LA PIANA Si ritiene che il modesto sviluppo che consente la piana non potrà contribuire a programmare una città pensata con fini definiti, che non consentirebbero in futuro investimenti per interventi con interessi diversi, negando lo sviluppo di creatività.

Nelle aree individuate per la trasformazione, oggi, vi svolgono la loro attività artigiani, piccoli commercianti, ecc., costretti dalla proprietà (che spera di poter speculare sull'edificabilità di quelle aree) a lavorare in ambienti fatiscenti, male utilizzati per i loro scopi.

Mantenere questi presidi, a servizio dei cittadini, è importantissimo e, pertanto, si dovrebbe garantirne il futuro, confermando quelle destinazioni d’uso delle aree e la possibilità di ristrutturare e ampliare in rapporto alle necessità.

Un sostegno alla politica del non costruire viene anche dal fatto che in città, si sostiene, ci siano circa 1.700 alloggi sfitti, con questi i sindacati degli inquilini intenderebbero soddisfare il famelico fabbisogno di abitazioni chiedendo alla pubblica amministrazione di imporre alla proprietà condizioni.

Da una indagine è emerso che gli associati Appc che dispongono di alloggi liberi adducono, per questa scelta, una serie di motivazioni quali:

a) soddisfare le future esigenze di un figlio,
b) evitare perdite per morosità,
c) dovere affrontare lungaggini di sfratti,
d) dovere risistemare l'alloggio degradato dagli inquilini che lo hanno abitato, in certi casi fino a renderlo inagibile,
e) dover vendere l'alloggio per necessità economiche,
f) avere la disponibilità dell’alloggio per eventuale rientro alla Spezia, soprattutto da parte di chi ha dovuto lasciare la città per motivi di lavoro e desidera rientrarvi almeno nel periodo di vacanza.

Molti hanno trasformato gli appartamenti liberi in alloggi per la ricezione turistica, che consente di rientrare in possesso dell’immobile in qualsiasi momento.

Con questa trasformazione i ns. associati ritengono che i tanto vituperati alloggi sfitti diventeranno un patrimonio di possibile sviluppo economico della città e, pertanto, questi non sono lo strumento per soddisfare l'esigenza di abitazioni.

LA FASCIA PEDECOLLINARE Le associazioni degli inquilini sostengono che la tensione abitativa in città è alta, quindi, è indispensabile recuperare nuove aree per realizzare nuovi quartieri di edilizia economica popolare che possano contare su spazi che consentano il soddisfacimento di tutti gli standard urbanistici, difficilmente questi sono collocabili in ritagli di aree, all'interno del tessuto cittadino esistente.

Sarebbe, altresì, opportuno contare su una crescita di abitanti, per aumentare il potere dei numeri in qualsiasi contesto ci si vada a confrontare.

Prendendo a riferimento la città di Genova si nota che la densità abitativa è di 2.499,8 abitanti per Kmq, se tale rapporto si trasferisse nel contesto spezzino, la ns. città dovrebbe contare 130.000 abitanti, circa 35.000 in più rispetto agli attuali.

La fascia pedecollinare sarebbe, quindi, quella più adatta per accogliere le espansioni edilizie in quanto facilmente raggiungibile da tutti i servizi di base, e per una buona insolazione e una discreta panoramicità.

Inoltre la maggiore disponibilità di aree edificabili andrebbe ad abbattere i costi dei terreni, di conseguenza il costo delle abitazioni.

LA COLLINA L'ultimo piano urbanistico riteneva di poter trasformare coloro che volevano realizzarsi una casa in collina in coltivatori diretti, imponendo loro un lotto di 10.000 mq.

Questo ha portato alcune case in collina, ma non ha sortito nessun effetto atto a promuovere il recupero a scopo agricolo dei terreni collinari. Chi lo pensò, molto probabilmente, viveva in qualche estesa pianura, quindi non aveva preso conoscenza con la nostra collina, coltivata a fasce, sostenute da poggi erbosi e, nelle zone più scoscese, da muretti a secco.

Inoltre la proprietà risulta frazionata, e molti appezzamenti non superano i 1.000 mq.

Gli unici terreni ancora completamente coltivati sono quelli vicino alle strade carraie in quanto più accessibili di quelli che si raggiungono percorrendo stretti sentieri (i famosi “viei”).

In questo caso i coltivatori devono percorrere i suddetti sentieri carichi di zappe, vanghe, ceste, prodotti raccolti (uva, olive), ecc. per poi passare l'intera giornata a zappare, vangare e raccogliere.

Se si vuole veramente una ripresa delle lavorazioni agricole in collina è opportuno dare ai proprietari dei vari fondi serviti da quella vecchia rete di “viei” la possibilità di trasformarli in sentieri percorribili con carrette a motore e, dove questo non sia possibile, prevedere la possibilità di posare monorotaie, consentire inoltre la costruzione di piccoli ripari per attrezzi agricoli e sosta in caso di pioggia.

La pianificazione dei paesi dell'arco collinare, redatta dagli architetti Moroni prima e Campos Venuti poi, prevedeva un ampliamento, che garantisse la crescita demografica al fine di mantenere in essere i servizi esistenti o realizzarne nuovi laddove mancavano.

Purtroppo non per tutti i paesi ciò ha dato i frutti sperati, complice la discontinuità di pensiero di politici e funzionari succedutisi nel tempo, che hanno speso, per altri impegni, gli oneri di urbanizzazione versati per tali scopi.

Anzi, alcuni di questi paesi hanno perso spazi di aggregazione: piazze per far posto alle auto, negozi e bar, che hanno chiuso le loro attività, sia per la pesante tassazione derivante dagli studi di settore, sia per la diminuzione della clientela dovuta all'aumento di spazi pro-capite, che ha dimezzato gli abitanti insediatisi negli anni sessanta.

Un paese che non ha spazi pubblici non si può considerare paese. Costruire in collina, secondo l’Appc, vuol dire rimpolpare i vecchi borghi, ciò permetterebbe di realizzare piccoli centri di servizi con il contributo sia del privato che del pubblico.

L’esempio che andremo ad esporre, di seguito, può essere applicato anche ad altre realtà del tessuto collinare, ovviamente tenendo conto delle specificità locali.

Prendiamo, pertanto, in esame la collocazione territoriale del paese di Sarbia, con un'indicazione di come lo vedrebbero gli abitanti, con suggerimenti attraverso i quali si potrebbe giungere a rivitalizzare l'intero paese.

Sarbia oggi è divisa in due: da una parte il vecchio borgo, nato e cresciuto seguendo l'andamento del crinale della collina, dove le abitazioni sono raggiungibili attraverso vicoli che, scendendo da quella che era la piazza di ritrovo degli abitanti, si diramano tra i vari corpi di fabbrica sull'asse est-ovest (oggi la piccola piazza che faceva corpo con la via Montalbano è usata come parcheggio) e la parte del nuovo insediamento.

Il professor Campos Venuti aveva giustamente previsto, a valle del paese, un insediamento di edilizia economica popolare, il piano è andato in attuazione in più riprese, realizzando una serie di abitazioni servite tutte da accessi carrai e da una serie di percorsi pedonali che vanno verso il paese.

Tra il vecchio e il nuovo è rimasta una fascia libera, a suo tempo acquistata dal Comune, che non consente un solidale abbraccio tra i due sistemi, è in questa area che si dovrebbero realizzare a fronte della via Sarbia dei locali destinati al commercio, (bar, ristorante, negozi di alimentari) da sviluppare sul terreno anche in altezza in modo da modellare la parte più alta con un affaccio su tutto il golfo: i locali, così concepiti, potrebbero avere spazi esterni in continuità con la realizzazione di una piazza, che si collocherebbe in aderenza al vecchio nucleo, divenendo il cuore del paese unificato.

Sarebbero necessari, poi, parcheggi e marciapiedi lungo la via Sarbia, la via Castellazzo e la via Montalbano, come sarebbe necessario, fare un collegamento tra i marciapiedi ed i sentieri, unendo in questo modo il nuovo e il vecchio insediamento.

Completerebbe il tutto la realizzazione di un'area recintata per il gioco per i più piccoli.

Realizzando quanto suesposto potrebbe rinascere la vita sociale e lo spirito di paese. OLTRE LA COLLINA La Val Durasca ha un tessuto sfilacciato lungo l'omonima via. La sua piccola piana potrebbe accogliere un piccolo quartiere con una piccola fascia artigianale che ne rimarcherebbe l'identità.

L'area militare dismessa è piena di risorse che, se organizzate, potrebbero divenire un centro di svago a livello cittadino, creando nuove opportunità di lavoro. Il Monte Parodi è area sempre apprezzata da tutti gli spezzini, in passato era stata attrezzata con sentieri, palestre, tavoli per picnic, ecc., oggi versa, nella maggior parte, in condizioni del tutto degradate (una volta il comune non appaltava i lavori, questi erano svolti dai dipendenti del settore parchi e giardini e questo permetteva una vigilanza e una manutenzione continua).

Crediamo sia opportuno rivitalizzare l'intero sistema di aree fruibili e dotarlo di strutture veloci per salire in quota quali teleferiche, ecc.

LE GRANDI INFRASTRUTTURE E I SERVIZI GENERALI Crediamo sia sotto gli occhi di tutti la situazione della Via Fiume al momento in cui arrivano pullman di turisti che vanno alla stazione centrale per salire sui treni diretti alle Cinque terre.

Sarebbe opportuno prevedere una nuova stazione ferroviaria. La localizzazione più funzionale e baricentrica, per realizzare la nuova stazione centrale, potrebbe essere l'attuale scalo-merci di Valdellora, mentre una piccola parte dell’attigua area, ex IP, potrebbe accogliere parcheggio e stazione per pullman senza creare ingorghi in città.

Alla Spezia abbiamo un'industria: LA TERMOMECCANICA ECOLOGIA, che compete, a livello mondiale, nella realizzazione di impianti termovalorizzatori e impianti di depurazione delle acque reflue: affidare a questa società l'incarico di risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti e la depurazione delle fognature che oggi, con i loro miasmi, ammorbano l'aria attorno al Lagora e alla passeggiata Morin, porterebbe alla risoluzione dei problemi.

Questo consentirebbe, anche, un aumento di occupazione per operai e tecnici spezzini, oltre al recupero di energia a costo zero e nei torrenti tornerebbe a scorrere acqua pulita. Sarebbe, quindi, auspicabile individuare uno o due siti, all'interno del territorio comunale, dove realizzare termovalorizzatori per distruggere l'immondizia.

Inoltre Individuare più siti dove realizzare piccoli impianti di depurazione delle acque reflue sia all'interno della piana che in ogni nucleo collinare.

Gli esperti assicurano che i suddetti impianti sono già stati realizzati, senza problemi, all'interno dell'abitato di altre città.

Giuliano Cavana
responsabile Appc rapporti istituzioni

Quanto contenuto nel presente articolo ha carattere esemplificativo e non esaustivo per approfondimenti specifici occorre consultare, se iscritti , la sede A.P.P.C.

Condividi Articolo:   
SU