Declassamanto immobili

La Cassazione sez trib., sentenza n° 22557 dell’08 settembre 2008 ha stabilito un nuovo principio di declassamento degli immobili

La Cassazione ha fissato un nuovo principio in materia di declassamento degli immobili, stabilendo che ogni titolare di immobile ha diritto di richiedere una diversa classificazione catastale e, quindi, una diversa rendita del bene e, qualora l’Agenzia non soddisfi la richiesta, il cittadino potrà adire la commissione tributaria contro il silenzio rifiuto. La sentenza (n° 22557 dell’08.09.2008, Sezione tributaria), ha respinto il ricorso dell’Agenzia del territorio che, al contrario, sosteneva che la revisione del classamento catastale potesse avvenire solo a seguito di provvedimento di “misura generale” da parte dell’amministrazione.
Il caso parte dalla richiesta di una proprietaria che aveva inoltrato istanza di revisione affinché il suo immobile fosse declassato da categoria A1 a categoria A2, stanti le caratteristiche ormai scadute rispetto alle moderne filosofie e tecniche costruttive; a seguito di silenzio rifiuto dell’amministrazione l’interessata aveva, con successo, impugnato il provvedimento nanti il giudice tributario e le relative pronunce sono state ,successivamente, confermate dalla Suprema Corte con la sentenza sopra richiamata.
Secondo la S.C., l’ordinamento riconosce al possessore di un immobile il diritto ad una definizione mirata e specifica della sua proprietà e detto diritto trova fondamento nell’art. 53 della Costituzione, che non ammette indicazioni o provvedimenti di carattere generale.
Il Giudice tributario, pertanto, in caso di rifiuto, da parte dell’amministrazione finanziaria, potrà tener conto delle mutate condizioni dell’immobile, della vetustà e della non corrispondenza, alle esigenze attuali, dei criteri utilizzati dall’amministrazione; sempre secondo la Corte i termini “signorile” “civile” “popolare” richiamano nozioni presenti nell’opinione generale a cui corrispondono caratteristiche che possono, con il tempo, mutare.
Questa sentenza dovrebbe imporre nuove condotte all’Ufficio del Territorio locale che, per il principio di buon andamento, dovrebbe uniformarsi al giudicato al fine di scongiurare costose controversie giudiziarie.
 

L’impatto della sentenza della Corte di Cassazione n° 22557/2008, per quanto non immediato, è potenzialmente rilevante in quanto ne potrebbero derivare variazioni significative del trattamento fiscale di un cospicuo numero di immobili.
... se si considerano le significative trasformazioni urbane intervenute e la evoluzione degli standard abitativi (in base alle quali la sentenza della Cassazione afferma debbano essere aggiornate le nozioni di abitazione “signorile”, “civile” e “popolare”), è facilmente intuibile la vastità della dinamica che potrebbe determinarsi tra le diverse categorie.
E’ ipotizzabile che tale fenomeno possa interessare particolarmente i passaggi dalla categoria A/1 alle categorie inferiori, essendo stridente e notoria (anche grazie ai ricorrenti rilievi fatti in proposito dall’A.P.P.C.) la anomalia dell’inserimento originario e della permanenza nella categoria “signorile” di immobili ubicati in quartieri che da residenziali … sono stati poi progressivamente trasformati in periferie industriali.
E tuttavia non si può escludere che anche per immobili appartenenti alle categorie A/2 e A/3 si siano determinate le condizioni per un abbattimento di categoria.

Altrettanto significativi, conseguentemente, sono potenzialmente gli effetti che potrebbero derivarne in termini di diminuzione del gettito fiscale ( ICI e IRPEF) complessivo.

La sentenza 22557/08 della Suprema Corte ha una portata che, in un paese come l’Italia ammalato di statalismo e in cui i diritti di libertà economica del singolo sono regolarmente calpestati, non è esagerato definire rivoluzionaria.
Infatti viene riconosciuto come diritto di rango costituzionale che promana direttamente dall’art. 53 (tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in base alla loro capacità contributiva) la facoltà di chiedere una diversa classificazione catastale del proprio immobile e, in caso di risposta negativa, di rivolgersi al giudice.
Tutto questo, che in un qualunque paese di tradizioni liberali rappresenta la normalità dei rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione, in questo caso l’Agenzia del Territorio, in base ad assurdi concetti (revisione catastale possibile solo attraverso una misura di carattere generale estesa ad un prefissato comparto nel quale le mutazioni si siano verificate) che di fatto facevano diventare il cittadino-contribuente ostaggio degli apparati burocratici.
Le conseguenze pratiche della sentenza … possono essere enormi…. Grazie alla Cassazione oggi siamo tutti un po’ più liberi.

Che fare per la revisione di un classamento ?

Per la revisione del classamento di un’unità immobiliare è opportuno rivolgersi ad un tecnico che, successivamente ad un accertamento sull’immobile procederà alla presentazione di una variazione catastale (docfa).
La stessa dovrà essere accompagnata da una relazione che evidenzi le mutate caratteristiche idonee a giustificare un diverso classamento e riscontrate nell’indagine condotta.
In caso di non accoglimento, da parte dell’Agenzia del Territorio, del nuovo classamento proposto è necessario presentare ricorso alla Commissione Tributaria competente territorialmente.

I gradi di giudizio tributario sono i seguenti:

1° grado – Commissione Tributaria Provinciale
2° grado – Commissione Tributaria Regionale
3° grado – Corte di Cassazione
 

Quanto contenuto nel presente articolo ha carattere esemplificativo e non esaustivo per approfondimenti specifici occorre consultare, se iscritti , la sede A.P.P.C.

Condividi Articolo:   
SU