Il Consiglio di Condominio

Omne trinum est perfectum”: sul piacevole tema del “Consiglio di Condominio”.

Anche se (forse) non si può, a stretto rigore di tipo “logico-giuridico”, parlare di una vera e propria “riforma” della normativa sostanziale – processuale della materia relativa al Condominio negli (degli) edifici, non si può non prendere atto che la novellazione apportata dalla Legge 220/2012, in tale ambito, ha introdotto alcune importanti novità, sia recependo consolidate indicazioni dottrinali e/o giurisprudenziali, sia “presentando” alcune “novità” normative, sia, per così dire, istituzionalizzando della situazioni di fatto o delle consuetudini, divenute usuali in ambito condominiale, un po’ sotto la spinta delle normative regolamentari in ambito di Condominio negli edifici (si vedano i Regolamenti di Condominio, che, prendendo atto di situazioni peculiari e particolari, concretamente poi le disciplinano e le regolano), nonché delle esigenze della vita in quella sorta di specifica comunità “esistenziale” e di “coesistenza” in comune, che è il Condominio (forse una sorta di particolare “microcosmo”), sia sotto la spinta di consuetudini “extra o praeter legem”  (o meglio, forse, di consuetudini interpretative) che sono diventate una sorta di “diritto vivente”, sotto l’impulso che spesso emerge, di una sorta di “opinio juris ac necessitatis”, da parte della quasi totalità dei condomini (e quindi dei Condominii), almeno nei grandi centri urbani.

E’ il caso del così detto “Consiglio di Condominio”; questa nuova figura o “organo”, anche se l’espressione deve essere usata con tutte le riserve del caso, non essendo, almeno dal punto di vista legislativo e normativo o sotto il profilo di una costruzione giuridica dottrinale e giurisprudenziale  di situazioni concrete, il Condominio considerato come una “persona giuridica”, è previsto dall’art. 1130 bis, secondo comma, c.c., introdotto dalla Legge 220/2012, sopra citata.

Il secondo comma del suddetto articolo recita, infatti,  testualmente : “L’assemblea può anche nominare, oltre all’amministratore, un consiglio di condominio composto da almeno tre condomini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari”. Il Consiglio di condominio, come compito precipuo, dovrebbe avere funzioni consultive e di controllo, in particolare, sull’operato dell’Amministratore.

Diciamo subito che, pur apprezzando l’intenzione del legislatore, che ha voluto, per così dire, con una tendenza contraria a quella comunemente usuale (paese legale vs paese reale), codificare, invece, una situazione di fatto consolidata nella prassi, si deve fare presente che tale norma avrà bisogno di trovare un proprio consolidamento nella elaborazione giurisprudenziale, in quanto si tratta (appunto) di norma che può comportare difficoltà interpretative, pur nella sua apparente semplicità di applicazione.

Tralasciando la facile constatazione che le norme della così detta “Riforma del Condominio” siano state approvate (probabilmente) con troppa fretta, stante le pressioni  politico – giuridiche di carattere emergenziale, in quanto da troppo tempo era stata promessa una nuova normativa in materia di Condominio, più aderente ed attenta ai mutamenti tecnici e sociali e nulla era stato fatto, in concreto, fino al dicembre del 2012, si deve dire che non si comprende il perché il Consiglio di Condominio debba essere formato da almeno tre condomini e nell’ambito di edifici formati da almeno dodici unità immobiliari, salvo ipotizzare una sorta di “teologia giuridica” con riferimento al numero tre o ai multipli di tre (per chi si interessa di queste cose, però, si deve dire, che oltre che un riferimento alla trinità del simbolo cristiano, vi sarebbero anche altre figure della mitologia e della religione che sono in numero di tre, ad esempio : le tre Grazie o le tre Furie).

Al di là però di tali considerazioni di carattere “ludico”, si deve dire che il secondo comma dell’art. 1130 bis c.c., attribuisce all’Assemblea condominiale la facoltà, ma certo non un obbligo, di nomina del Consiglio di Condominio e non si può far a meno di notare, come il riferimento alla funzione consultiva e di controllo del Consiglio di Condominio, sia abbastanza generica ed imprecisa, forse addirittura ridondante rispetto alla previsione del primo comma dell’art. 1130 bis c.c. sopra indicato, che consente all’Assemblea la nomina, in ogni tempo, di un “revisore” per la verifica della contabilità condominiale.

Infine, non è neppure chiaro il perché è necessaria la sussistenza di dodici unità immobiliari nell’edificio,  per cui possa essere nominato il consiglio di condominio (salvo ipotizzare una fin troppo semplice sorta di teologia giuridica o un riferimento ad ancora più arcaiche visioni magico – zodiacali…….).

Quello che, francamente, rende perplessi nella disamina di tale novità normativa è che mentre la nomina del Consiglio di Condominio dovrebbe essere inquadrata nella definizione e previsione, sotto il profilo del quorum deliberativo, dell’art. 1136, quarto comma, c.c., si rimane perplessi considerando che la nomina del Consiglio di Condominio è una facoltà dell’Assemblea di Condominio  in un edificio con almeno dodici unità immobiliari, e, però, non essendo la norma di cui all’art.  1130 bis c.c., ritenuta come inderogabile dell’art. 1138, quarto comma, c.c., non si vede perché il Regolamento di Condominio e/o la stessa Assemblea non possano prevedere e/o nominare un Consiglio di Condominio con meno di tre condomini, salvo ipotizzare la sussistenza del brocardo “duo non faciunt collegium”, sia per la nomina in un edificio con meno di dodici unità immobiliare (e non è neppure chiaro se per unità immobiliare si intendano i singoli appartamenti o porzioni di edificio, ovvero si faccia riferimento a una attribuzione di titolarità di proprietà esclusiva), ma quel che più rende perplessi è il fatto che neppure si accenni direttamente, anziché indirettamente, alla possibilità che  il Regolamento di Condominio ovvero l’Assemblea, magari con la maggioranza dell’art. 1136, quarto comma, c.c., possa non provvedere anche per il futuro o possa deliberare di non nominare il Consiglio di Condominio o, addirittura, di revocare quello già esistente.

E’ poi chiaro (se non altro come necessaria precisazione), e come sopra accennato, che il legislatore non ha inteso parlare di “organo” in senso tecnico per il Consiglio di Condominio, essendo il Condominio un ente di gestione o una peculiare struttura dotata di soggetti aventi competenze esclusive e stante il fatto che la rappresentanza del Condominio, ai sensi dell’art. 1131 c.c., spetta all’Amministratore condominiale.

Infine, è da considerarsi se, in caso di omissione da parte del Consiglio della funzione consultiva  e di controllo, si possa parlare di inadempimento dei consiglieri;  mentre si deve rispondere negativamente per quanto riguarda la funzione consultiva, si potrebbe ipotizzare una responsabilità per omessa vigilanza e controllo e di segnalazione all’Assemblea, da parte dei consiglieri, di irregolarità nella gestione condominiale; i consiglieri, però, potrebbero essere responsabili nei confronti dei singoli condomini e non nei confronti di terzi, non essendo il Consiglio di Condominio “organo obbligatorio” ma meramente  facoltativo e tali considerazioni sono da valere anche sulla base  di quanto ritenuto  e precisato dal Tribunale di Milano in sentenza del 26 ottobre 1987 e dal Tribunale di Roma in sentenza del 31 maggio 1978.

Avv. Roberto Negro

Centro Studi Nazionale APPC

Quanto contenuto nel presente articolo ha carattere esemplificativo e non esaustivo per approfondimenti specifici occorre consultare, se iscritti , la sede A.P.P.C.

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